Titolare di studio odontoiatrico in Velletri (Roma), si occupa di protesi, gnatologia, conservativa, endodonzia, chirurgia, implantologia, ortodonzia funzionale e intercettiva.
Come la penso
“Sia il dentista generico sia lo specialista, se lavorano senza una conoscenza globale dei principi gnatologici, pagano un alto tributo in diagnosi sbagliate, imprevedibilità nei risultati del trattamento e perdita di tempo”. Con queste parole Peter E. Dawson sostiene che il dentista nella sua pratica quotidiana affronta di routine problemi complessi come quelli del dolore nel distretto testa-collo e della sua diagnosi differenziale, dei denti eccessivamente consumati o mobili, della parodontite, delle difficoltà masticatorie sia sui denti naturali che sulle protesi e dei disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare. Allo stesso modo è convinto che la conoscenza dei princìpi dell’equilibrio occlusale permetta al dentista di impostare meglio e più velocemente un piano di cura corretto e una soluzione efficace dei problemi del paziente. Condivido questa impostazione e ritengo che l’attuale iperspecializzazione della medicina, se da un lato consente terapie sempre più avanzate, comporta dall’altro che spesso il medico si dedichi a uno spettro sempre più ristretto di malattie con il rischio di perdere il quadro di insieme della salute dell’intero organismo. L’insorgenza di un problema gengivale o parodontale durante una cura ortodontica e gli spostamenti dentali dopo la sua fine, la frattura di una protesi realizzata in modo apparentemente corretto, la mobilità e l’ipersensibilità dentale senza cause apparenti insorte dopo una semplice ricostruzione, le migrazioni spontanee e gli spostamenti dentali generati dalla perdita di un dente, la sempre maggiore frequenza della malocclusione nei nostri bambini… sono molti gli esempi che mettono in luce la necessità di capire in modo interdisciplinare come si generano e si distribuiscono le forze biomeccaniche presenti nella nostra bocca e come avvengono in salute e in malattia la crescita, lo sviluppo, la maturazione e l’invecchiamento dell’apparato masticatorio. Sempre più spesso invece il dentista che si occupa di protesi trascura i principi della crescita del distretto maxillo-facciale e conosce poco le disfunzioni presenti nel suo paziente adulto; l’ortodontista d’altro canto spesso trascura i principi di una corretta occlusione e masticazione, non avendo mai realizzato una protesi totale nel suo percorso formativo; l’implantologo si concentra sul posizionamento degli impianti nell’osso ma nei molti corsi frequentati nessuno ha mai spiegato con quali principi realizzare poi una protesi equilibrata. La gnatologia, per usare una similitudine a questo proposito, sta alla patologia odontoiatrica come la medicina interna sta alla patologia medica tanto che alcuni autorevoli autori arrivano ad affermare che la gnatologia costituisce essa stessa l’anima dell’odontoiatria. Non è un caso che il Prof. Pedro Planas, padre della riabilitazione neuro-occlusale, durante la sua lunga carriera non abbia mai parlato di gnatologia ma piuttosto di stomatologia integrale, nella quale le varie branche odontoiatriche sono mezzi per riportare la bocca del paziente in equilibrio e in una condizione di più facile conservazione della salute. Il patrimonio storico e culturale di conoscenze del “funzionalismo” oro-facciale, che un tempo il dentista imparava nei corsi di fisiologia, gnatologia, protesi e ortognatodonzia funzionale, sta scomparendo dall’insegnamento universitario e dalle attività formative delle principali società scientifiche; la conseguenza è che sempre meno dentisti sono in grado di diagnosticare i problemi interdisciplinari, che riguardano la respirazione, la deglutizione, la masticazione e la fonazione in modo completo e organico. Per questo motivo noi dentisti appassionati di “occlusione globale” insieme ai nostri pazienti viviamo sulla nostra pelle alcune grandi contraddizioni della gnatologia, della protesi dentaria e della ortognatodonzia moderna.
Il primo grande paradosso consiste nel fatto che tutte le branche odontoiatriche hanno fatto passi da gigante negli ultimi trent’anni ad eccezione della gnatologia, che si avvita stancamente ormai da lungo tempo intorno agli stessi interrogativi. Da un lato nei corsi specialistici si raccomanda con forza una diagnosi molto accurata, appannaggio di clinici esperti e capaci di orientarsi tra le oltre trenta entità nosologiche differenti presenti nel novero eterogeneo dei disturbi temporo-mandibolari. Dall’altro poi si passa a trattare le cause e ancor più la terapia di queste malattie in modo unificato, facendo di quasi tutta l’erba un fascio; la multifattorialità etiologica scompare e la trattazione diventa un unicum generico e frettoloso. Non si capisce più a quale malattia in particolare ci si riferisca e lo stress insieme alle cause biopsicosociali diventano protagonisti assoluti: la fisioterapia, gli antidolorifici e magari una placca occlusale del Michigan restano poi la risposta buona un po’ per tutti.
Classificazione dei disturbi temporomandibolari proposta da C.C. Peck, J.P. Goulet, F. Lobbezoo, E.L. Schiffman, P. Alstergren, G.C. Anderson nell’articolo “Expanding the taxonomy of the diagnostic criteria for temporomandibular disorders” pubblicato sul Journal of Oral Rehabilation nel 2014 (Vo.41/1:2-23).
Sconfessate le tesi della gnatologia “classica”, vecchia e superata; ridimensionato o addirittura negato il ruolo della dentatura; individuati come primum movens dei cosiddetti disturbi temporo-mandibolari il disagio psicologico e il sovraccarico dentale e articolare di origine psicogena; per la moderna gnatologia basata sull’evidenza questi disturbi non sarebbero altro in fondo che malattie psicosomatiche. Pur riconoscendo un contributo psicologico importantissimo in queste manifestazioni, la connotazione di malattia psicosomatica non solo è semplicistica a mio modo di vedere ma è anche incompatibile con un approccio scientifico al problema e ci ha portati in un vicolo cieco. Il secondo paradosso è proprio questo: l’approccio basato sull’evidenza utilizzato finora ha spostato il problema nel campo della psicologia, nell’ambito della soggettività e dell’individualità, che preclude per la sua stessa natura un approccio medico-scientifico verso il danno organico. Non è un caso che da trent’anni infatti gli specialisti siano alle prese con le stesse discussioni senza alcun apparente progresso nella conoscenza di queste malattie e che di fatto ormai si concentrino unicamente sul trattamento del dolore cioè del sintomo e non della malattia. Potremmo applicare senza sbagliare le stesse considerazioni biopsicosociali, ben note da tempo immemore, alle gastriti e alle ulcere gastro-duodenali; per fortuna il loro trattamento è radicalmente cambiato grazie al progresso medico, che ha saputo battere anche altre strade.
Il terzo grande paradosso consiste nel fatto che in nome della medicina basata sull’evidenza le malattie in questione secondo la gnatologia moderna, siccome non hanno nulla o quasi a che vedere con l’occlusione, andrebbero trattate esclusivamente con colloqui informativi, supporto psicologico, fisioterapia, biofeedback e autoconsapevolezza, terapia farmacologica del dolore nei casi più severi; non si capisce per quale motivo allora i maggiori esperti mondiali in questo campo siano quasi tutti dentisti, che a rigor di logica hanno costruito la propria carriera su malattie di competenza di altri specialisti!
Quarto e più importante punto: l’esperienza clinica di ciascuno di noi testimonia il fatto che una parte consistente di questi pazienti si giova delle cure odontoiatriche. L’esperienza clinica non vuol dire significatività statistica e di questo siamo ben consci, conosciamo i nostri limiti ma conosciamo pure i limiti di un certo tipo di ricerca. Possiamo trovare una analogia nel recente filone di ricerca in campo ortodontico, che nega una reale efficacia della terapia funzionale dei mascellari con apparecchiature rimovibili. Si tratta di un bagaglio di conoscenze e di terapie che ha oltre un secolo di vita e che ha dimostrato sul campo la sua reale validità. Un approccio “moderno” basato sull’evidenza e un uso criticabile del metodo statistico hanno portato autorevoli opinion leader a negare non solo l’utilità di questi dispositivi ortodontici ma persino il ruolo causale della respirazione orale, di una deglutizione scorretta o di una carente masticazione nello sviluppo delle malocclusioni. La risposta a queste conclusioni infondate e un giudizio generale sul metodo sono già stati scritti in modo mirabile dal Prof. Federico V. Tenti e non possiamo far altro che riportare integralmente le sue conclusioni: “La statistica va benissimo, purché abbinata alla capacità di pensare! Guai a chi baratta la capacità di pensare con la statistica e la statistica con l’evidenza. Cosa c’è di più evidente del fatto che la terra è ferma, immobile, e che è il sole che gira intorno ad essa?” .
Vorrei infine sottolineare che non ci troviamo nell’Anno Zero delle conoscenze odontoiatriche in questa delicata branca e che nelle stesse raccomandazioni cliniche in ortognatodonzia del Ministero della Salute, solo a titolo di esempio, vengono citati gli studi della Dott.ssa Marie Josephe Deshayes, che ha dimostrato le indubbie correlazioni tra lo sviluppo morfologico e funzionale della base cranica, delle articolazioni temporo-mandibolari, dei mascellari e delle variabili occlusali nell’età dello sviluppo. Non si capisce per quale motivo una così stretta interdipendenza debba esaurirsi nell’età adulta. D’altra parte nel nomenclatore odontoiatrico in vigore si riporta la voce “Terapia del paziente con sintomatologia algico-disfunzionale: Cicli di terapia ortodontica con applicazione di apparecchiature fisse o rimovibili per risolvere problemi dentali e le discrepanze tra i mascellari implicati nei problemi disfunzionali delle articolazioni temporo-mandibolari”. La commissione che le ha redatte con scrupolo ha già esaminato approfonditamente il problema. Il fatto che nel dettaglio manchi letteratura scientifica a supporto di una tecnica gnatologica od ortognatodontica in particolare dipende dai nostri attuali limiti di ricerca clinica e non dalla mancanza di una correlazione reale tra l’occlusione e l’insorgenza di alcuni dei più comuni disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare. In realtà manca allo stesso modo letteratura scientifica con evidenza sufficiente che stabilisca il contrario. Sono sempre più numerosi gli studi che mettono in correlazione l’occlusione, la dentatura e l’efficienza masticatoria con le capacità cognitive. È davvero singolare che vengano accettati studi che mettono in correlazioni funzioni apparentemente così diverse e distanti mentre si vuole negare in modo ostinato e pregiudiziale una importante interdipendenza funzionale tra organi (denti, muscoli, articolazioni tempo-mandibolari), che sono tra loro direttamente e anatomicamente collegati.
La conseguenza ultima di questa situazione è che sia il dentista sia il paziente restano confusi da indicazioni contraddittorie; il primo è portato a pensare che le noiose discussioni tra esperti della materia riguardino il sesso degli angeli e non abbiano alcun risvolto pratico concreto; il secondo, che probabilmente ha ricevuto diversi pareri contrastanti, rimane disorientato, diffidente e talora con la sgradevole sensazione di non essere stato ben compreso dai medici. Resta a noi la responsabilità di mantenerci fedeli al giuramento di Ippocrate e di agire sempre in scienza e coscienza per il bene del paziente.
Cosa faccio
La base indispensabile per ogni terapia è rappresentata da una diagnosi attendibile. Oltre all’utilizzo dei criteri diagnostici maggiormente raccomandati in ambito gnatologico mi avvalgo dei principi cardine della riabilitazione neuro-occlusale a livello clinico e della condilografia elettronica a livello strumentale per arrivare a una diagnosi il più possibile attendibile, precisa e oggettiva.
La riabilitazione neuro-occlusale (RNO), che rappresenta il tratto distintivo della mia attività, è la tecnica originale messa a punto dal Prof. Pedro Planas nella prima metà del Novecento in primo luogo per prevenire le malocclusioni e le alterazioni morfologiche e funzionali dell’apparato stomatognatico nell’età dello sviluppo già a partire dai primi anni di vita; i principi di questa terapia sono comunque validi anche in età adulta, si basano sulla correzione della postura mandibolare e della sua capacità di movimento; utilizzano in modo interdisciplinare e flessibile i mezzi dell’odontoiatria conservatrice, dell’ortodonzia funzionale, della protesi e della parodontologia. La modifica della forma e della posizione dei denti e delle conseguenti stimolazioni sull’innervazione del legamento parodontale, dotato in modo straordinario di sensori neurologici, vengono sfruttate per ottenere le risposte di crescita dei tessuti orali e l’aumento della capacità di movimento dei muscoli masticatori. I più grandi problemi da risolvere in questa disciplina sono rappresentati dalla malposizione dentale e dal trauma occlusale, che inibiscono e alterano i fisiologici movimenti funzionali della bocca e provocano sui denti e sul loro legamento parodontale lesioni da iper- e ipofunzione variamente distribuite nei settori delle arcate dentali. Secondo il Prof. Planas dopo la carie sono due le principali cause di decadimento della dentatura nel tempo: la parodontite e la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, strettamente legate a un cattivo funzionamento della bocca nelle sue attività vitali e fondamentali (respirazione, deglutizione e masticazione). Il dentista è troppo spesso abituato a osservare la dentatura soltanto “a denti stretti” e fermi; nei testi e nei congressi anche i casi più belli vengono spesso presentati con immagini di bocche chiuse, che poco possono dire dello stato di salute e della capacità di movimento del paziente. La RNO dimostra invece che bocche di bell’aspetto possono presentare gravi danni e limitazioni funzionali mentre altre magari esteticamente meno gradevoli si mantengono in salute per tutta la vita. La differenza sta appunto nella capacità dell’intero sistema di respirare, deglutire, masticare e muoversi in ogni altra circostanza con il supporto neurologico di una dentatura in equilibrio. Risulta dunque fondamentale studiare la dinamica e le funzioni di una bocca per capirne i punti deboli e trovare i possibili rimedi. In gnatologia in particolare le disfunzioni dei muscoli masticatori e dei tessuti articolari provocano spesso dolore e alterazione della capacità di movimento, difficoltà nell’aprire la bocca, nel masticare e la terapia occlusale in associazione a ogni altra utile risorsa permette di recuperare molti di questi problemi attraverso l’utilizzo di dispositivi ortodontici, di bite, di ricostruzioni adesive della dentatura etc. in base alla situazione e alle necessità individuali. In sintesi il recupero della respirazione nasale, della deglutizione fisiologica e della masticazione sui due lati della bocca, ogni volta che è possibile, permette di riportare il funzionamento della bocca nei limiti dell’adattamento individuale, di conservare una dentatura sana più a lungo e di impedire il peggioramento delle principali disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare.
Curriculum vitae
Medico odontoiatra, laureato nel 1996 presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con lode. Frequentatore del centro regionale per la prevenzione dei tumori orali presso l’Istituto Regina Elena I.F.O. di Roma dal 1996 al 2000; coautore di pubblicazioni in tema di oncologia orale su riviste nazionali ed internazionali.
Appassionato di patologia orale e gnatologia sin dai primi anni di università, ho inizialmente dedicato a queste due branche la maggior parte della mia formazione; spinto da interesse trasversale e multidisciplinare, negli anni ho frequentato corsi nelle principali branche odontoiatriche: conservativa, endodonzia, parodontologia, protesi, ortodonzia funzionale e fissa, gnatologia. Nel 2008 l’incontro con la riabilitazione neuro-occlusale del Prof. Pedro Planas ha impresso una svolta decisiva nella mia vita professionale e nella comprensione della biomeccanica dell’apparato stomatognatico, rinnovando e rinforzando l’interesse verso la gnatologia o per meglio dire verso un approccio globale all’odontoiatria, che ne supera la settorialità e l’iperspecializzazione attuale. Durante questo percorso sono avvenuti gli incontri decisivi con i Dottori Piero Silvestrini Biavati, Ivan Lendaro, Andrea Papini e Maurizio Giacomello, con i quali ha condiviso da subito un percorso di crescita culturale comune.
Socio dell’Associazione Italiana Odontoiatri (A.I.O.), dell’Associazione Italiana di Gnatologia e Dolore Oro-Facciale (AIGeDO) e dell’Associazione Italiana dei Funzionalisti OroFacciali (A.I.F.O.), sono stato in passato prima segretario e poi presidente dell’Associazione Italiana Pedro Planas e segretario nazionale dell’AIGeDO.